Gaia Squarci è la settima ospite di CartaBianca.
CartaBianca è, uno spazio editoriale in cui chiediamo ai fotografi di scegliere e raccontarci una loro immagine: come è nata? Che cosa rappresenta nel tuo lavoro? Che processo c'è stato per la sua realizzazione? C'è una storia dietro?
I fotografi rispondono come preferiscono, non c'è un format di risposta predefinito ma solo la libertà di farlo secondo il proprio personale modo di raccontare. È questa la cosa bella, e così bianca, appunto.
Il progetto nasce da un'idea di Vanessa Vettorello e Mariateresa dell'Aquila.
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La fotografia scelta da Gaia Squarci
Guardo la lava avanzare sull’asfalto come se volesse stendere un altro manto grigio, cancellare una strada per crearne una nuova. Un cavo dell'alta tensione, il cui palo é caduto a terra, prende fuoco. Lo fisso con il cuore che batte e una strana freddezza cerebrale. Mi giro verso una fattoria che si erge tranquilla, intatta, pochi metri dietro di me sulla sinistra. Entro poche ore sarà completamente sommersa.
Ci saranno una decina di persone attorno a me. Vivono qui o poco lontano, alcuni di loro non hanno già più una casa. Non si disperano, fissano davanti a loro e scattano foto con i cellulari, un'ebbrezza incerta negli occhi. Immagino di avere sul viso la loro stessa espressione, quella di uno shock che invece di consumarsi in un attimo si protrae nel tempo, senza mai passare per un momento culminante. La meraviglia dei momenti in cui si guarda qualcosa senza essere in grado di concepirne davvero l'enormità, dalla quale la natura umana ci protegge regalandoci un velo di distanza emotiva. Difficile crederci anche se gli occhi vedono. Questa visione non appartiene al mondo in cui vivo, eppure ne rappresenta l’essenza. La strada si è aperta e la lava ha iniziato ad uscire.
Da qualche anno porto avanti un progetto chiamato Presence, lavorando a storie focalizzate sul rapporto che gli esseri umani sviluppano con i vulcani. In Messico ho seguito cerimonie pre-ispaniche su due vulcani sacri, in Italia ho lavorato a Stromboli e nei Campi Flegrei con piccole comunità locali, e qualche anno prima che questa foto fosse scattata mi trovavo in Hawaii per una storia su una simulazione di vita su Marte.
Nel 2018, durante l’eruzione del vulcano Kilauea, ho viaggiato nelle Hawaii per lavorare come assistente in un corso di bookmaking, a Honolulu, Oahu. Avevo avuto solo un weekend libero per volare sull’isola vicina e fotografare l’eruzione. I voli per Big Island erano stati sospesi per qualche giorno ma poi ristabiliti. L’area più colpita dell’isola, Leilani Estates, era stata recintata dalla polizia ed era difficile entrare, anche per la stampa.
Ho ricontattato Roy, un surfista di origine filippina che avevo conosciuto qualche anno prima, quando io e i miei colleghi affittammo due stanze del suo Airbnb per lavorare alla storia su “Marte”. Roy conosce l’isola come un locale, ha un’auto ed è attratto dai vulcani in un modo in cui mi riconosco. Gli ho scritto per chiedergli se volesse lavorare due giorni con me come fixer. Parte della sua email di risposta descrive bene il suo modo di sentire e quello di molti altri con cui ho parlato in quei giorni.
"Sto bene per ora, nonostante i terremoti costanti, il diossido di zolfo nell’aria e il flusso di lava che incombe a qualche chilometro di distanza. È un evento tragico ma dobbiamo anche ricordarci che viviamo sulla rift zone di uno dei vulcani più attivi del pianeta. Ammetto che un terremoto di scala 6.9 venerdì scorso mi ha spaventato e mi ero spostato ad Hilo, ma il carattere sensazionalistico delle news e i post allarmistici sui social media non riescono comunque a far tacere l’energia polarizzante che si vive qui in questo momento, e che mi ricorda le ragioni per cui mi sono trasferito sull’isola. Dopo un paio di notti sul divano di un amico ho deciso di tornare a casa, dove cerco di restare informato e pronto ad evacuare quando Lei decide che è arrivato il momento."
La "Lei" a cui si riferiva Roy è Pele, la dea del vulcano, amata nelle Hawaii anche da chi non segue nessuna religione specifica, come incarnazione della potenza della natura e del rispetto che incute nella più cruda delle sue forme.
Sull’isola molte strade erano chiuse. Passando vicino ai posti di blocco si notava fumo che usciva dall’asfalto. Io e Roy abbiamo percorso un tratto di costa dove la lava si riversava direttamente in mare e camminato in una foresta che stava lentamente bruciando a causa dell’eruzione. Il giorno dopo abbiamo passato qualche ora in un centro sportivo dove molti tra coloro che avevano perso abitazioni nella zona erano alloggiati, a volte nelle loro stesse tende da campeggio, all’aperto. Lì ho incontrato Don, dell’Ohio. Il giorno prima la lava aveva ricoperto la terra su cui stava costruendo casa sua. Don ha offerto di condurci con la sua auto nel Leilani, dato che entrare con un residente era l’unico modo per passare le linee della polizia.
Arrivata davanti alla colata che ho descritto all’inizio riuscivo solo a guardare, con la certezza di non poter capire. I vulcani stimolano qualcosa che non credo la sensibilità umana sia in grado di processare al momento, qualcosa che si sedimenta poco a poco. Regalano la sensazione di stare davanti ad un passato molto più antico di quanto riusciamo a disegnare mentalmente in una linea del tempo, e ad un futuro che siamo sicuri di non poter vedere. Così facendo ci restituiscono l’unico tempo che è davvero nostro.
Gaia Squarci, marzo 2021.
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Gaia Squarci é una fotografa e videomaker italiana che si divide tra Milano e New York, dove insegna all’ICP, International Center of Photography. Gaia collabora con l’agenzia Prospekt, è fellow di IWMF e membro di Women Photograph. Con un background in storia dell’arte e fotogiornalismo, tende ad un approccio personale che si distanzia dalla tradizione narrativa della fotografia documentaristica. Il suo lavoro si focalizza sul rapporto tra gli esseri umani e l’ambiente, sulla disabilità, l’invecchiamento e i rapporti familiari. Gaia ricevuto un Covid Emergency Grant di National Geographic nel 2021, é stata tra le 30 donne sotto i 30 anni segnalate da Photo Boite nel 2018 e POYi ha premiato la sua cinematografia e fotografia rispettivamente nel 2014 e 2017. Nel 2015 il suo progetto Broken Screen é stato selezionato per la mostra sui nuovi approcci alla fotografia reGeneration3, al Musée de l’Elysée a Losanna. Il suo lavoro é apparso sul New York Times, the New Yorker, Time Magazine, Vogue, the Economist e varie altre pubblicazioni internazionali. Le sue foto e video sono stati esposti negli Stati Uniti, Italia, Francia, Svizzera, Messico, Regno Unito e Cina.
https://www.gaiasquarci.com/
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