«Se ce la metti tutta, ce la farai». Il sogno americano incorpora una promessa. Ma quando inizia il viaggio in quei territori e si va a fotografare chi dovrebbe essere l’incarnazione di quel sogno, cosa si incontra?
Il 12 febbraio scorso ne abbiamo parlato con i reporter Max Ferrero e Renata Busettini che questo viaggio lo hanno compiuto e lo hanno tradotto in “AMERICA FI(R)ST”, un libro edito da Allemandi che raccoglie quattro anni di reportage e in cui troviamo, il sogno americano, la frontiera con il Messico, le aree rurali desolate, il rapporto con le armi – raccontati in capitoli tematici.
A dare voce e un altro sguardo a questa serata, Marina Catucci, corrispondente da New York per Il Manifesto. Fotografia e giornalismo sono quindi entrati in dialogo e da subito Max ci ha spiazzati ribaltando la prospettiva con una domanda: di chi è il sogno? «Max, è arrivato il regalo per te dall’America: un dollaro. Mi raccomando, conservalo! Varrà un tesoro». Per le strade d’America che gli riportano immaginari di Tex Willer, Max trova pezzi della sua gioventù, l’eco delle parole di sua madre, quella promessa di ricchezza.
Max ci credeva. Lui, il primo disilluso. E le persone che hanno incontrato? Frammenti del sogno americano sembrano ritrovarsi in qualche riferimento di speranza economica ma nelle conversazioni pochi parlano di argomenti sociali o umorali.
Intanto le immagini che scorrono, e le storie nelle didascalie, ci parlano di degrado e di estreme difficoltà.
Ma c’è qualcuno che custodisce ancora quel sogno: chi vuole attraversare il confine, gli adulti, e persino i bambini ne sono carichi. Troveranno poi un futuro migliore? Renata ci porta questa domanda e Max ce la racconta con due testimonianze. Nella prima, un uomo ogni giorno arrivava sulla linea di confine con il Messico e si sedeva ad aspettare la sua amica messicana con cui parlare spagnolo. Nella seconda, un ragazzo onduregno: dopo due mesi di viaggio si trovava nella spiaggia di Tijuana. Max ha comprato qualcosa per entrambi e si sono messi a mangiare insieme. «Non compri da mangiare a pezzenti che non devono oltrepassare il confine» - è la voce di un agente quella che urla contro Max. «Questa notte passiamo», il ragazzo sembra non aver ascoltato e confida a Max il suo progetto. «Stai scherzando? Sai cosa c’è di là?» Una cena che Max ricorda, ricorda la responsabilità di aver dato una delusione al ragazzo (infranto il suo sogno?), la consapevolezza di avergli fornito alcune dritte per evitare l’arresto. Due episodi che sono diventati immagini del libro e i fotografi ci spiegano la scelta, motivata non dal fatto che fossero i migliori scatti, ma per la storia che portano.
Marina conferma come il sogno selvaggio sia ormai di chi viene da fuori. Per gli indigeni delle coste urbane, il sogno americano si è trasformato in un incubo: quel modello veicolato inalterato fino al crollo nel settembre del 2008 è rotto alla base e la consapevolezza è ormai chiara. Le aree rurali invece si sono sentite scippate di quel sogno e cercano una restituzione: lì attecchisce il trumpismo.
Un sogno che sembra labile e che pure si difende, anche con le armi. Come dice il secondo emendamento, la prima difesa è contro il Governo, così si spiega anche l’assalto a Washington dopo le elezioni. Scorrono le immagini: carnefici e vittime condividono lo stesso capitolo del libro. Ci colpiscono immagini per noi contrastanti: un padre che tiene al braccio destro il fucile e con l’altro suo figlio, con tenerezza. I fotografi ci raccontano come alla facilità delle foto negli show-room, riuscire a ottenere il consenso per le foto in situazioni domestiche abbia richiesto invece a volte relazioni di mesi.
Il tema dell’incontro e delle relazioni è stato quindi affrontato dal punto di vista dei fotografi e da quello della giornalista. Su centinaia di persone fotografate, Max e Renata ci hanno raccontato che soltanto tre li hanno invitati a casa e soltanto una ha offerto loro qualcosa. Per la nostra cultura è certamente una modalità che colpisce. Tuttavia, in generale, per loro è stato abbastanza facile l’approccio, forse perché sono una coppia e perché Renata si muove su una sedia a rotelle, e questo modo di presentarsi magari abbassava le loro difese.
La giornalista ci ha invece riportato alcune sue differenti esperienze: forte di un reportage a Wall Street senza attriti (capendo a posteriori che la facilità nasceva dall’essere riconosciuta come uguale), si è trovata a gestire forti resistenze quando a Daytona Beach doveva testimoniare un incontro di bikers pro-Trump: era vista come provocatrice ed è dovuto intervenire il prete (anche lui tatuato, armato e biker) e fare da mediatore per consentirle di realizzare il lavoro. Di fronte a questa evidenza, la sua convinzione che la figura di giornalista venisse riconosciuta come super partes si è dovuta piegare, scontrandosi con tanta diffidenza e opposizione.
Questo contrasto nasce dalla differenza che si rafforza nella separazione che, ci racconta la giornalista, è strutturale, organizzata anche urbanisticamente. Ci ha infatti spiegato come la stessa conformazione delle città di provincia sia costruita per assicurare che le zone non si mischino e che il razzismo sia sistematico. Un esempio i ponti, fatti in modo che non possano essere attraversati dai bus e quindi con la garanzia che i neri non riescano ad arrivare in certe aree della città. O la mancanza di piazze in molte aree rurali, una conformazione che di fatto impedisce l’aggregazione e, non si sa se consapevolmente o meno, certamente impedisce di seminare la possibilità di una rivolta.
Quanti confini può avere un sogno per restare tale?
Un’ora e mezza intensa che ha visto anche il pubblico partecipe nella fase finale di domande e dibattito. Ringraziamo ancora i nostri ospiti e lasciamo qui le indicazioni di questo libro che ci è anche affettivamente caro.
Cristina Sertorio
La tavola rotonda si è svolta online il 12 febbraio 2021, introdotta da Gabriele Magazzù, co-editor di Phom, e condotta da Beppe Quaglia, esperto di comunicazione sociale e docente di “Comunicazione di pubblica utilità” presso lo IAAD. America Fi(r)st, uscito nel 2020 con i testi di Alan Friedman, è pubblicato da Allemandi editore.
Leave a Reply