Phom Fotografia

Nasce CartaBianca, uno spazio editoriale in cui chiediamo ai fotografi di scegliere e raccontarci una loro immagine: come è nata? Che cosa rappresenta nel tuo lavoro? Che processo c'è stato per la sua realizzazione? C'è una storia dietro?
I fotografi rispondono come preferiscono, non c'è un format di risposta predefinito ma solo la libertà di farlo secondo il proprio personale modo di raccontare.
È questa la cosa bella, e così
bianca, appunto.

Il progetto nasce da un'idea di Vanessa Vettorello e Mariateresa dell'Aquila, e Alessandro Gandolfi è il nostro quinto ospite.



==================

La prima fotografia scelta

Questa prima immagine segna un capitolo importante nel mio percorso fotogiornalistico. Un ragazzo fa surf tra le onde che bagnano la martoriata Striscia di Gaza e, più che l’immagine in sé - la luce, la composizione -, è importante il messaggio che veicola: il coraggioso e visionario Mahmoud Osama Al-Rayashi, studente ventenne in giornalismo, non si arrende al quotidiano dramma della sua terra.
La foto è scattata nel 2010 e il surf di Mahmoud diventa un gesto di ribellione: è il disperato tentativo di continuare a vivere, nonostante il dramma sociale e le bombe che cadono. Ma questa fotografia (e l'intero reportage del quale fa parte) rappresenta per me anche un momento di passaggio: dopo anni spesi a documentare il mondo come fotografo di viaggio, improvvisamente ho sentito il bisogno di cambiare. Era venuto il momento di approcciare tematiche diverse, di affrontare questioni sociali, di tornare al giornalismo vero lasciato dieci anni prima.

Alla fine del 2000 avevo lasciato La Repubblica, il quotidiano nel quale lavoravo da tre anni come cronista. Negli anni successivi ho cercato di saziare la mia sete di esplorazioni utilizzando la fotografia per viaggiare e per sopravvivere economicamente: visitavo luoghi più che raccontare storie, dominava il viaggiatore più che il giornalista. Finché verso la fine del decennio è nato in me il desiderio di approcciare tematiche diverse, di tornare al "fotogiornalismo vero", quello più tradizionale perlomeno: il reportage fotografico come analisi e racconto di questioni economiche, sociali, umane. Epilogo di questo percorso, in quegli anni, la fondazione dell'agenzia Parallelozero, creata insieme a tre colleghi: un luogo di confronto e di scambio, e soprattutto un contenitore ideale di storie dal mondo, da proporre al vasto mercato editoriale.

Mahmoud Osama Al-Rayashi fa surf tra le onde che bagnano la Striscia di Gaza, 2010. 
© Alessandro Gandolfi
Mahmoud Osama Al-Rayashi fa surf tra le onde che bagnano la Striscia di Gaza, 2010.
© Alessandro Gandolfi


Ho l'abitudine di segnarmi sui taccuini molte informazioni, soprattutto impressioni del momento, chiacchiere, dati sparsi. In questa pagina e nelle successive inizia la lunga chiacchierata con Mahmoud Osama Al-Rayashi, 20 anni, studente all'università al-Azhar, nella facoltà di giornalismo. "Sogna di diventare giornalista o fotografo - mi appunto a penna - e surfa da quando ha dodici anni. Conosceva Al-Hindi, colui che lo ha introdotto al surf. Mahmoud è stato il primo a fare surf a Gaza, a farlo con la tavola corta. Sul computer si guarda video di surf su Youtube, vorrebbe andare alle Hawaii". Nella pagina successiva l'intervista continua: "Con gli amici passa ore insieme, e quando il mare si alza vengono tutti all'Annadi Al Bahri, il club sulla spiaggia che è il quartiere generale dei surfisti di Gaza".





La seconda fotografia scelta

La seconda immagine è uno squarcio nella vita di una élite sconosciuta e raramente rappresentata: quella dei ricchi cinesi. In una grande casa di Shanghai, una giovane mamma guida con il radiocomando una piccola auto elettrica sulla quale è seduto suo figlio; il bambino è divertito e osserva compiaciuto il papà, un imprenditore di successo del settore tessile. La fotografia, scattata nel 2014, è parte di un reportage che racconta il mondo del lusso cinese fra status symbol, tic, manie e stravaganze varie. Pubblicato su diversi giornali internazionali, proiettato al Visa pour l'Image di Perpignan, il servizio segna per me l'inizio di un filone - le contraddizioni economiche del mondo contemporaneo - al quale dedicherò negli anni successivi altri progetti visivi.

Shanghai (Cina), l'imprenditore Steven Zhu gioca con la moglie e il figlio piccolo, Radisson, in casa. 2014. © Alessandro Gandolfi
Shanghai (Cina), l'imprenditore Steven Zhu gioca con la moglie e il figlio piccolo, Radisson, in casa. 2014. © Alessandro Gandolfi


In questa pagina di taccuino mi appunto il fatto che l'azienda di Steven Zhu è "67esima nella lista di Fortune China delle 100 più ricche aziende cinesi". Poi continuo negli appunti su Steven: "Ha 31 anni, è dell'83, ha una sorella piccola. La sua azienda, la Yongde, si occupa di garment accessory. Mi mostra un video promozionale sulla sua azienda e mi spiega che a Shanghai ci lavorano 500 persone mentre nella sede cambogiana 200. Produce accessori di abbigliamento per ditte come Jeep, Gap, D&G, H&M e altre". L'intervista prosegue nei fogli successivi: "La ditta è stata fondata nel 1992 dal papà, che oggi ha 60 anni. Lui ha studiato marketing all'Università di Canberra, in Australia. Mi racconta che la città era noiosa, c'erano poche persone. Si è laureato tardi, a 26 anni, e così subito dopo si è messo a lavorare con il padre".





La terza fotografia scelta

Nella terza immagine i bambini di una classe elementare osservano divertiti un video in 3D. Siamo a Viagrande, in Sicilia, alle pendici dell'Etna, e il video che gli studenti osservano è dedicato alla formazione dei vulcani. L'immagine è parte di un più ampio servizio che racconta il vasto mondo dell'Etna: la sua economia, i miti antichi, la religione e l'archeologia, la società e il turismo. Questo scatto è significativo perché mette in luce due aspetti del mio essere reportagista: amo cambiare prospettiva, cercare chiavi di lettura diverse e inaspettate che mi permettano di comprendere meglio un fenomeno; e cerco spesso di farlo in Italia, non lontano da casa.

Viagrande (Catania), Museo dell'Etna, bambini di una scuola primaria all'interno della sala Cinema 3D. © Alessandro Gandolfi
Viagrande (Catania), Museo dell'Etna, bambini di una scuola primaria all'interno della sala Cinema 3D. © Alessandro Gandolfi


La pagina di taccuino mostra una serie di appunti presi poco prima di entrare al Museo dell'Etna di Viagrande. In particolare, cito una chiacchierata con Stefano Branca, ricercatore all'INGV (l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia). Stefano mi racconta della violenta eruzione del 1669, che devastò vari villaggi prima di distruggere una parte occidentale di Catania (la lava che lambisce ancora oggi il Castello Ursino è la stessa di quell'evento). In quella occasione rimase sepolta sotto la lava anche Campanarazzu, l'antico centro dell'odierna Misterbianco: oggi si può visitare su appuntamento la chiesa del locale monastero, incredibilmente ritrovata da un gruppo di ragazzini che in maniera rocambolesca si sono calati nell'edificio sepolto passando dal campanile, e tornata alla luce negli ultimi anni in seguito agli scavi effettuati. "La città bianca diventa nera - mi appunto - e si iniziano a scavare pozzi per cercare di recuperare l'acqua, persa in seguito all'immensa colata lavica".



Oggi per fare buon fotogiornalismo non si deve cadere nel tranello dell'esotico: ciò che è lontano non necessariamente è interessante, e ciò che è sotto i nostri occhi spesso ci appare banale. Ma non lo è.

Un conto è il piacere di viaggiare lontani e conoscere luoghi e culture diversi dai nostri, desideri del tutto legittimi. Un conto è concepire servizi fotografici e raccontare storie destinate al mondo editoriale, obiettivo che si pone qualunque fotogiornalista freelance e missione fondamentale di Parallelozero. In quest'ottica abbiamo da sempre un'attenzione privilegiata verso l'Italia, verso i suoi giovani fotografi e le storie dal nostro paese. Privilegiata ma non esclusiva. Lo sguardo è rivolto al mondo e capita spesso di ideare e distribuire storie realizzate all'estero. Il criterio di scelta che adottiamo è quello dell'originalità: storie inedite, spesso inaspettate, che raccontino l'altra faccia di un fenomeno. Esigenze sempre più marcate di un mondo editoriale che da tempo ormai ha abbandonato, appunto, l'idea di esotico e di "affascinante semplicemente in quanto lontano" in favore di letture locali, più minimali o introspettive, attente anche al racconto dei piccoli mutamenti quotidiani nella nostra società. In questo senso, la ricerca di temi e argomenti geograficamente vicini a noi, e soprattutto della loro giusta interpretazione fotografica, rientra tra i nostri compiti principali.




==================

Alessandro Gandolfi (Parma, 1970) è fotografo e giornalista, socio fondatore dell’agenzia fotografica Parallelozero. I suoi lavori sono apparsi sulle maggiori testate internazionali inclusi National Geographic, Der Spiegel, The Sunday Times Magazine, Geo, Le Figaro Magazine, Le Journal de la Photographie. Nel 2020 ha vinto il primo premio nella categoria Still Life al Sony World Photography Awards con il progetto Immortality, Inc., e il primo premio nella categoria Environment Story con il reportage Gas Chamber Delhi al Best of Photojournalism Awards. Nel 2020 è stato anche finalista per il grant dell'Aftermath Project con il reportage Syrians in Limbo. Le sue fotografie sono state esposte o proiettate in diverse mostre personali e collettive, fra le altre il Photojourn Festival 2016 (Bangkok, Thailand), il VISA Pour l’Image 2014 e 2015 (Perpignan, Francia), l’Angkor Photo Festival (Cambogia, 2014), “Provocation” al New York Photo Festival (USA, 2011) e “Unpublished-Unknown” al MACRO Testaccio (Roma, Italia, 2010). Laureato in filosofia, ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Urbino (IFG) e ha lavorato come cronista per La Repubblica fino al 2001, quando ha iniziato a dedicarsi al fotogiornalismo. www.alessandrogandolfi.com/

Leave a Reply

MENU